Il mitra di legno
di Carlo Alberto Pinelli
Sei mesi di guerra partigiana in Piemonte, visti attraverso lo sguardo di un bambino di nove anni. “Il Mitra di Legno” è un racconto romanzato che non perde mai il contatto con la trama dei fatti allora effettivamente accaduti, ma poi li rielabora, manipola e ricompone come tessere di un mosaico in cui realtà e fantasia si intrecciano con assoluta libertà. Al di là di ogni preciso riferimento autobiografico – di cui tuttavia il testo conserva il coinvolgente retrogusto – ciò che soprattutto interessa all’autore è riportare alla luce il clima di fondo di quel periodo convulso e drammatico. I feroci episodi dai quali era punteggiata allora la cronaca quotidiana cadevano come macigni sull’ esistenza di ciascuno, sconvolgendone anche profondamente l’equilibrio. Però poi subito, intorno a quei macigni, le esigenze fondamentali della vita ricominciavano a germogliare con invasiva tenacia. Cresceva nella gente comune il desiderio di riprender fiato lungo i dolci sentieri della pace, ovunque fosse possibile rinvenirne la seppur minima traccia. Nel contempo quasi tutti erano consapevoli che quella speranza poteva coniugarsi con una riconquistata dignità personale e collettiva soltanto attraverso l’adesione alla Resistenza anti-fascista. Ma sarà proprio con l’irruzione nella villa isolata in cui abita la famiglia del protagonista di una banda di pseudo-partigiani in cerca di bottino che la storia si concluderà tragicamente.
CARLO ALBERTO PINELLI - Regista documentarista e esperto di culture orientali antiche, insegna Cinematografia Documentaria e Cinema Documentaristico per il turismo e l’archeologia presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Noto alpinista e istruttore di alpinismo, ha preso parte in gioventù a sette spedizioni alpinistico-esplorative in Himalaya, scalando per primo varie vette vergini. Ambientalista della prima ora, è stato uno dei fondatori dell’associazione internazionale Mountain Wilderness – alpinisti di tutto il mondo in difesa della montagna. Ha pubblicato testi divulgativi di antropologia, paletnologia, ecologia, storia del cinema, alpinismo. Il suo primo romanzo “Il Mitra di Legno” è giunto in finale al premio Italo Calvino.
Dalla recensione di Guido Davico Bonino – Marzo 2012 - “Vieni! Sarà come se a me, per mano, / tu riportassi il me stesso d’allora”. La citazione, che funge da exergo al quarto capitolo del romanzo di Pinelli, tratta dalle liriche del torinese Guido Gozzano (da Alpignano ad Agliè, si sarebbe tentati di dire!), è perfetta per individuare il rapporto, che sta alla base dell’opera, tra un “io che narra” ed un “io narrato”. Privilegiando una parte consistente della narrazione, si potrebbe intitolare questo libro, se non avesse il bel titolo di cui già si fregia, con un palese prestito vittoriniano, Resistenza come un’infanzia. Ma sarebbe come ridurre l’arioso e variegato sfondo storico-civile che fa da sfondo ad una sezione soltanto: e, pur non volendolo, confondere il contenente con il contenuto. Questo libro ha certamente una sua cornice, assai robusta e policroma, su cui uno storico vigile e partecipe come l’amico Giovanni De Luna ha certo molte cose da dire. Ma un critico letterario, come forse io sono, ha la presunzione di dover evidenziare non tanto la struttura dell’opera (la cornice, per l’appunto) quanto il suo tema e il suo stile. Il tema è l’autore stesso a rivelarcelo (Barthes sosteneva che persino Balzac, un romanziere così “muto” in ordine alle proprie ragioni del narrare, non poteva evitare ad un certo punto di confessarle): “…i bambini – a differenza di quanto si creda comunemente – hanno una capacità molto superiore a quella degli adulti di metabolizzare gli orrori; e di farci dentro il nido…”.
Nella cornice orrorosa si dipana dunque, fresca e sorgiva, l’immaginazione pressoché inesauribile dei fanciulli-adolescenti, che a grappolo presidiano gli eventi; uno d’essi è (sarà) a posteriori il narratore, il cui leit-motiv ispiratore è (sarà) per l’appunto la memoria dell’infanzia: la quale, per usare un’umile metafora domestica, che non dovrebbe essere discara allo scrittore, è un imbuto largo, in cui tutto finisce per scivolare: compresa “l’orribile rivelazione del sesso”, di cui l’anghelos, il nunzio, è la fanciulla slava Nives, una delle più suggestive (e suggestionanti) creature del romanzo.
Quanto allo stile, sarà perché Pinelli, un mio quasi coetaneo, appartiene ad una generazione “altra” rispetto a quella “nuova” o “giovane”, oggi (purtroppo) imperante, la quale dimostra d’avere scarsa o nessuna preoccupazione della forma espressiva, con cui narrare gli eventi (e si limita perciò a registrarli nel linguaggio piatto e neutro della più nuda e cruda comunicatività); sta di fatto che la sua cura dello stile è assai minuta e minuziosa: donde una particolare scrittura affettuosa ed al tempo stesso commossa, che accarezza con mano leggera gli eventi e nel farlo s’intenerisce; che non evita, quand’è necessario, di lasciarsi lievitare e addirittura svaporare in toni d’una fiaba atemporale, il cui ricorso avvince spesso il lettore, come quando, in una nenia infantile, anche un adulto, diciamo pure un anziano lettore, si riconosce in questo o quel ritornello ed è disposto ad abbandonarvisi sino a regredirvi.
Un’ultima notazione: questo libro è pubblicato da una casa editrice piccola, annidata sui ridenti colli della Sabina (posso dirlo con conoscenza di causa, perché conosco quei luoghi ameni). Questo particolare è, purtroppo, significativo dello stato delle cose: romanzi del tutto insignificanti vengono pubblicati a gragnuola dalle potenti holding editoriali, destinati a durare non più dei trenta canonici giorni sui banchi delle librerie; mentre altri libri… E qui, come c’insegna quel poeta, tacere è bello…
Prezzo: € 16,00
Dati: Novembre 2009
ISBN 978-88-96105-37-5
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